Gli aspetti giuridici sul munizionamento da guerra

Nell’ottica di fornire alla platea di utenti e appassionati un valido e costante supporto che gli permetta di approcciare serenamente agli aspetti legali della detenzione di armi e munizioni, con l’intento di metterli al riparo da possibili risvolti negativi dettati dall’equivoca interpretazione della legge penale, riteniamo di dover fare chiarezza sul “munizionamento da guerra”. Le munizioni da guerra sono contraddistinte dalla c.d.“croce nel cerchio” che si trova incisa sui fondelli dei bossoli militari utilizzati dalle nostre – e non solo – Forze Armate e di Polizia. Si tratta di un simbolo codificato nell’ambito della NATO (NORTH ATLANTIC TREATY ORGANIZATION) ovvero dell’organizzazione militare del Patto atlantico che dal 1949 costituisce una alleanza politico-militare tra i principali Paesi del mondo occidentale (26 Stati membri). Il simbolo in questione serve ad attestare che la cartuccia che lo riporta è stata realizzata secondo un protocollo standard uguale per tutti i Paesi del Patto atlantico e che, di conseguenza, ne è garantito il funzionamento affidabile in tutte le armi leggere di quel calibro, adottate da tutti i Paesi dell’alleanza. Le cartucce dotate di quel simbolo si può quindi presumere che siano state realizzate secondo specifici standard e che abbiano specifiche caratteristiche (peso di palla, pressione di esercizio, velocità alla bocca, precisione minima). Di conseguenza a livello meramente tecnico la croce nel cerchio è una certificazione di intercambiabilità delle cartucce, a prescindere dallo stabilimento produttore e dal Paese di produzione. A tal proposito vediamo come la Suprema Corte, in una recente sentenza – che riportiamo testualmente – abbia confermato la condanna inflitta nei due precedenti gradi di giudizio all’ imputato che si vedeva contestata la detenzione di munizioni da guerra (ex art. 2 legge 895/67) perché trovato in possesso di venti bossoli militari in calibro 7,62 NATO. Sentenza n. 4178 depositata il 31 gennaio 2020: “La giurisprudenza costante di questa Corte, anche recentemente ribadita, afferma che configura il reato di cui alla L. 2 ottobre 1967, n. 895, art. 2 la detenzione di bossoli, anche se esplosi, relativi a munizioni da guerra, non essendo necessario che si tratti di munizioni atte all’impiego, dovendosi invece considerare sufficiente la loro originaria e normale destinazione (da ultimo, Sez. 1, n. 15086 del 19/06/2018 – dep. 05/04/2019, Dimitri, Rv. 276389).” In effetti, in base alla L. n. 110 del 1975, art. 1, comma 3, sono munizioni da guerra le cartucce e i relativi bossoli, i proiettili o parti di essi destinati al caricamento delle armi da guerra. Quindi, la qualità di munizione da guerra è collegata alla sua destinazione originaria che, nel caso di specie, non è in contestazione. ATTENZIONE!!! Appare subito chiaro come secondo il combinato disposto dagli artt. 2 L. 895/67 e 1 c. 3 L. 110/75 non rilevi affatto che trattasi di detenzione di soli bossoli piuttosto che di proiettili completi in ogni loro parte. Per completezza riportiamo infine quanto annoverato dalla legge in materia di controllo delle armi: Art. 2 Detenzione illegale di munizione da guerra o tipo guerra. “Chiunque illegalmente detiene a qualsiasi titolo le armi o parti di esse, le munizioni, gli esplosivi, gli aggressivi chimici e i congegni indicati nell’articolo precedente e’ punito con la reclusione da uno a otto anni e con la multa da 3.000 euro a 20.000 euro”. A livello procedurale, la condotta delittuosa e i conseguenti limiti editalli sanzionatori, collocano il reato nel novero dell’Arresto Facoltativo in flagranza di reato ex art. 381 c.p.p.

A. Renna